L’Architett* non va mai in vacanza. Un’iperbole che nasconde una verità: i professionisti di questo settore sono guidati da una naturale attrazione per la ricerca ed è difficile che non provino – anche durante le loro vacanze – a scoprire opere di interesse da visitare. Dai Grand Tour in poi, l’architetto ha fatto del viaggio un momento di formazione imprescindibile. Una modalità di trascorrere le vacanze può esser quella di vivere i luoghi di villeggiatura progettati da grandi architetti: ne è testimonianza il festival “Abitare la vacanza” vincitore dell’avviso pubblico Festival Architettura II edizione/2023, promosso dallaDirezione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Un festival nato con l’obiettivo di attivare buone pratiche per la gestione dei territori, formando una coscienza collettiva nelle comunità sulle potenzialità che un’architettura e un’urbanistica di qualità offre nel ridurre gli effetti del cambiamento climatico. Un evento che ha coinvolto 3 Regioni: Sardegna, Liguria e Toscana e 3 Architetti: Alberto Ponis (con il progetto a Costa Paradiso), Giancarlo De Carlo (con il progetto a Colletta di Castelbianco) e Vittorio Giorgini (con il progetto a Baratti). Cogliendo l’occasione della stagione vacanziera, è interessante provare a creare una connessione tra il mondo del turismo e quello dell’architettura, concentrando l’attenzione sulle architetture per il turismo. Un tema controverso, che in Italia ha visto – soprattutto negli anni del boom economico – il proliferare di edifici di scarsa qualità ed alto impatto paesaggistico; nati certamente per rispondere ad un incremento della domanda e ad un cambiamento sociale che vedeva “la vacanza” come un diritto non più ad appannaggio solo di pochi. Fortunatamente all’interno di questa categoria si inseriscono anche molti esempi virtuosi, degni di essere non solo studiati e visitati, ma anche vissuti. Una prima distinzione se si parla di architetture del turismo si può fare tra le strutture montane e balneari; ancora prima tra quelle per l’ospitalità collettiva e le residenze private. Tra le strutture montane, uno degli esempi più interessanti, sia da un punto di vista storico che architettonico è certamente l’ex Villaggio ENI di Borca di Cadore. Si trova nelle dolomiti bellunesi e venne costruito per volontà di Enrico Mattei – imprenditore illuminato fondatore di ENI – tra gli anni ’50 e ’60. Si tratta di un sito complesso progettato dall’architetto Edoardo Gellner, con la collaborazione di Carlo Scarpa per alcune sue parti, come la Chiesa di Nostra Signora del Cadore. Un luogo da visitare quindi, ma anche da vivere, molti dei suoi alloggi infatti sono oggi ancora fruibili e dal 2011 è attivo il Progettoborca – sviluppato ed ideato da Dolomiti Contemporanee – che opera allo scopo di favorire la valorizzazione culturale e la rifunzionalizzazione di alcune parti di questo sito unico. Per chi apprezza l’aria pulita e le temperature piacevoli, rimaniamo in montagna, ma ci spostiamo ad altitudini più elevate dove – soprattutto in anni recenti – le tipologie del rifugio e del bivacco hanno visto nascere opere di innegabile qualità architettonica. Fare architettura in alta quota è una sfida; il delicatissimo inserimento paesaggistico, le rigide richieste funzionali e le difficoltà costruttive non hanno però impedito la realizzazione di opere che vale davvero la pena visitare, soprattutto per chi ama il trekking e vuole pernottare nel silenzio assoluto, di quelli ormai rarissimi. A 2440 m sul livello del mare, tra il Trentino e l’Alto Adige si trova il Rifugio Alpe Tires. La struttura originaria del del 1957 è stata più volte ristrutturata, fino all’ultima riqualificazione, realizzata da artigiani locali su disegno dello studio Senoner Tammerle Architekten. Salendo di un centinaio di metri di quota, sulla cresta tra i passi Ponte del Ghiaccio e Fundres, si trova il Rifugio Edelrauthütte, progetto dello studio MoDus Architects di Matteo Scagnol e Sandy Attia con Giorgio Cappellato. Un edificio con impianto ad L, che si mostra diverso, alle due valli su cui si affaccia; nonostante questa dualità l’edificio è pensato nella sua unità per essere un luogo di protezione funzionale. Qui i principi ecologici vengono portati in alta quota; si tratta infatti di un edificio autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie ai pannelli fotovoltaici in copertura integrati ad una turbina idroelettrica. Se i rifugi di montagna sono una sfida progettuale, i bivacchi rappresentano cantieri al limite del possibile. Si trovano infatti solitamente a quote più elevate, raggiungibili solo da alpinisti esperti ed hanno il ruolo fondamentale di essere sempre aperti per consentire un riparo sicuro, in luoghi dove la natura è padrona. Troviamo una serie di bivacchi opera di progettisti giovani: il Bivacco Luca Pasqualetti, il Bivacco Corradini e Il Bivacco Fanton, progetto dello studio veneto Demogo, che si sviluppa come un vero e proprio cannocchiale puntato verso la valle, che sembra essersi appoggiato delicatamente sulla forcella Marmarole, nel territorio di Auronzo di Cadore. Certamente rifugiarsi in montagna non è solo per intrepidi escursionisti; anche gli appassionati di architettura meno temerari possono trovare alloggio in strutture architettonicamente interessanti. Ne è un esempio il Vigilius Mountain Resort, un eco-hotel realizzato su progetto dell’architetto Matteo Thun in Alto Adige, sul monte San Vigilio, non lontano da Bolzano. Si tratta del primo hotel riconosciuto “CasaClima“ classe A. Lasciando le alte vette e spostandosi sui litorali, gli esempi di architettura per il turismo non sono certamente meno interessanti. Impossibile non dedicare uno sguardo alle numerose colonie che vennero realizzate intorno agli anni ‘30 e che hanno segnato – nel bene e nel male – il paesaggio e la storia delle architetture di villeggiatura. Oggi queste grandi strutture brutaliste in cemento armato sono purtroppo per lo più più abbandonate e versano in condizioni di decadimento.
“Abitare vacanza”, la qualità delle opere per il turismo.

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