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Il capitale ambientale.

Sicuramente ci troviamo di fronte a un’intrinseca incompatibilità fra crescita economica e salvaguardia dell’ambiente.
Come provare a salvarci dal consumo esagerato e dallo spreco?

Come creare una possibile linea guida per una politica economica di lungo periodo?

Siamo tutti d’accordo che l’ammontare totale delle entrate nazionali e della produzione fornisce dati ampiamente insufficienti.
Il Pil o il Pnl servono principalmente a capire l’andamento dell’occupazione o della domanda di beni o servizi.
Diverso è quando si vuole misurare il contributo dell’economia al benessere dei cittadini.

Ipotizzando due economie con lo stesso Pil reale, delle quali la prima consuma metà dei suoi impianti e apparecchiature, mentre la seconda consuma solo il 10%, è intuitivo che è meglio la seconda.
Si è pensato di risolvere il problema con il Prodotto nazionale netto ( Pnn ), ma come calcolarne il deprezzamento?

Anche perché dovrebbero essere incluse le risorse non rinnovabili e i beni ambientali come l’aria e l’acqua pulita.
Si deve provare a trovare il giusto modo di attuare quella correzione, forse non sarà perfetto ma tassa in maniera adeguata il sistema economico sul consumo delle sue risorse.

Sarà anche applicato a calcolare il degrado o il miglioramento dei beni ambientali nel corso dell’attività economica di un anno.
In questo modo il Pnn adeguatamente calcolato darebbe un indicatore significativo del contributo annuo al benessere economico.
Non è possibile evitare gli errori, ma anche poco, rispetto a zero, è meglio.

Il problema viene dalla politica, in particolare dalla politica economica di uno Stato.
Nella realtà la sostenibilità è quasi sempre niente di più di uno slogan pronunciato sulla base di un fattore emotivo.
Nel caso dell’uso delle fonti non rinnovabili è indispensabile riuscire a sostituire quelle esaurite con altre, e l’economia ha il compito di suggerire alla politica quali sono.

Ma questo risolve il problema solo parzialmente anche perché il calcolo sarebbe un po’ complicato.
Ipotizziamo che ad esempio uno Stato o addirittura il mondo intero abbia una certa disponibilità di fonti non rinnovabili essenziali per la produzione necessaria.

Le fonti non rinnovabili consistono in una grande quantità di materiali grezzi di diversa qualità, ubicazione e tecnica di estrazione.

La produzione ne consumerà una parte per cui occorrerà trovarne altre in sostituzione, il cui costo sarà tuttavia crescente, come quello che stiamo vivendo adesso sta dimostrando.

Ogni anno si presenteranno due nuove decisioni da prendere, quanto risparmiare e investire e quanto utilizzare delle rimanenti scorte di fonti non rinnovabili.
Questo scambio intergenerazionale può essere gestito bene o male, in maniera equa o no.
L’esperienza insegna che è stato gestito male.

In pratica ogni generazione scarica sulla successiva i propri errori o egoismi o superficialità.
Già questo rende difficile il calcolo del tasso di sconto generazionale.
I limiti di questo processo sono legati alle preesistenti scorte di risorse allo stock iniziale di capitale riproducibile, alle dimensioni della forza lavoro e alla tecnologia produttiva.

Un peso e un vincolo imbarazzante da sopportare e da superare.
Diventerebbe molto difficile tassare correttamente chi consuma risorse senza reintegrarle, a scapito invece di chi lo fa.
Occorrerebbe quindi stimare una detrazione della svalutazione netta delle risorse esauribili.
La corretta applicazione della svalutazione dovrebbe valutare ogni unità di risorsa estratta al suo prezzo netto, cioè al suo valore reale come fattore di produzione, detratto il costo marginale di estrazione.

Non sono una economista però capisco che siamo arrivati molto vicini al punto di non ritorno anche da un punto di vista economico.

La mancata volontà degli Stati di calcolare e applicare le correzioni necessarie per evidenziare la situazione reale dei conti nazionali e della contabilità ambientale, speriamo spinga almeno verso un avvio sostenibile di una moderna società industriale per mantenere intatta la residua riserva di capitale ambientale della società.

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