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Strumenti urbanistici e impianti normativi efficaci, per l’immediata operatività

La nostra sezione INArch si sta ponendo interrogativi sul tema dell’uso temporaneo degli spazi abbandonati delle nostre città, luoghi dimenticati lasciati spesso al degrado.
Vorrei porre all’attenzione anche la mia visione, quella di vicepresidente INArch Toscana ma e soprattutto quella dell’imprenditore. Il concept, a mio parere, non può e non deve essere avviato da un abstract dove l’incipit è quello di delegare ai singoli cittadini, lasciati da soli, l’uso di questi luoghi.

La realtà è molto diversa, il rischio è che questi spazi rischino di essere occupati e abusati, destinati al cattivo uso di chi, talvolta, ha nella propria visione, soltanto quella di prenderne utilizzo e possesso senza diritto, per farne di fatto uso improprio a vantaggio di azioni e iniziative poco lecite, almeno dal punto di vista giuridico.

Rischiamo di non poter definire un corretto uso urbanistico delle aree e dei volumi, occorrerebbe invece un investimento sui processi di riqualificazione che andrebbero a soddisfare la qualità edilizia, la qualità del vivere, l’architettura. D’altronde non possiamo pensare che oltre al PIL, non esista un FIL, Felicità Interna Lorda, generata appunto dalla qualità edilizia, dalla creatività dell’architettura che rendono le città attrattive, creative e funzionali.

Insomma, l’invito al riuso, così impostato, rischiamo di farlo passare come un messaggio decisamente sbagliato, con il rischio dell’equivocità sul concedere il permesso ai cittadini di appropriarsi, senza regole e autonomamente, di aree della città in danno dei legittimi proprietari, pubblici o privati.

A mio parere il parametro deve partire dai costi benefici, ambientali, sociali ed economici. Si tratta di discutere sulla governance dei processi, anche con la partecipazione dei cittadini, con una perequazione per la città che si rigenera, ma con una nuova disciplina degli standard urbanistici.

Il confronto per innovare l’urbanistica, secondo il mio punto di vista, non può e non deve essere svolto solo tra amministratori poiché porta ad un’univoca visione dell’argomento. Questa modalità rischia di divenire quasi un monologo, senza che gli altri attori possano interagire tra loro, ovvero ordini professionali e operatori economici, che attraverso le proprie associazioni possano esprimere diversi punti di vista per un sano e più inclusivo dibattito pubblico.

D’altronde l’Art.1 dello statuto di IN/ARCH recita: “…Esso ha lo scopo di promuovere e coordinare gli studi sull’architettura valorizzarne i principi e favorirne l’applicazione, mediante l’incontro delle forze economiche e culturali del paese che partecipano al processo edilizio…….”

Il momento di dibattito e di confronto serve proprio per recepire i diversi punti di vista, per poi rielaborarli con una visione più completa, affinché le amministrazioni diventino dei facilitatori della rigenerazione urbana con un obiettivo condiviso insieme agli operatori economici e professionali. Non è pensabile un solo ed unico indirizzo di riuso degli spazi con attività per esempio artistiche, culturali, musicali, di mercatini, orti urbani.

Il riuso deve giustamente percorrere anche il soddisfacimento di queste attività, ma non può eludere la realtà delle necessità urbanistiche intese nel riuso razionale, programmato dallo strumento urbanistico che consenta di garantirne la sostenibilità, la resilienza ambientale, il miglioramento energetico e statico degli edifici.

Sottolineo che gli operatori professionali ed economici necessitano di strumenti urbanistici e impianti normativi semplici, efficaci, che consentano loro l’immediata operatività, a tutto vantaggio di una città più sicura, confortevole, attrattiva e creativa, dove il volano economico manifatturiero, dei servizi, possa assumere una maggior importanza proprio per rendere sostenibili gli investimenti e i processi di trasformazione edilizia e urbanistica.

Le attività culturali effettuate da INArch dovranno essere rivolte alla platea sì dei cittadini, ma anche delle forze economiche tutte, le quali partecipano all’Istituto proprio per questa ragione, quindi non spettatori di partenariato ma attori e interpreti, insieme a tutti gli altri associati, al corso del cambiamento nelle relative sfaccettature.

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