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Una architettura che fecondi le città.

I tempi sono finiti, non c’è più tempo, non possiamo più permetterci di vivere come spettatori passivi dell’evoluzione della “geografia umana” dell’urbanizzazione delle città.

Serve una strategia globale di reinsediamento della popolazione, un pensiero prima a livello locale, che andrà ad agire successivamente su scala mondiale, ripensando soprattutto all’architettura delle città, fusa nella sua complessità alla semplicità dei luoghi.

Un’architettura in movimento, leva e struttura, dinamismo nella capacità di visione in un salto temporale.
Non dovremmo far passare questi tempi senza che nessuna traccia di noi identifichi lo spirito vitale dei nostri giorni, dovremmo guardare infinitamente lontano, in palio c’è la nostra sopravvivenza come specie.

Non c’è dubbio che occorre ripartire da una riflessione d’obbligo alla pandemia, che ci ha catapultato tutti ad una costrizione del vivere quotidiano dei nostri spazi.
Riflessioni su che cosa siano oggi la società e i luoghi che abitiamo, piccoli o grandi centri che siano, compresi i nostri habitat privati.
Tutti cambiamenti che necessariamente determineranno il redesign delle nostre città, è ora di riprogettare gli spazi, a partire da
quelli urbani.

Negli ultimi secoli automobili, treni e aerei hanno rivoluzionato il nostro modo di vivere il pianeta, spostando milioni di persone e merci, creando certamente moltissime opportunità di lavoro, scambi culturali ed in generale migliorando la vita di noi tutti.

Ed è stata proprio la pandemia a sottolineare come tutto questo fosse davvero diventato un elemento fondamentale, fermarsi, fermare la città, l’esigenza di vivere i nostri luoghi in maniera diversa.
Oggi tornati alla vita normale, sembra che tutto sia lontano e dimenticato.
Ma le crisi politiche che ci stanno colpendo, economiche, ambientali e sanitarie, stanno accelerando un ripensamento complessivo dei nostri modi di produrre, consumare, vivere e muoverci.

Quale forma avranno i luoghi che abiteremo nei prossimi decenni?

Gli amministratori dei nostri luoghi avranno la capacità di ascoltare un mondo in radicale metamorfosi?

Gli architetti saranno all’altezza di una riprogettazione e ripensamento delle città?

È nell’uso corretto ed etico della tecnologia che si troveranno le soluzioni?

Potrà la sola azione degli architetti riposizionare la geografia umana?

Solo mettendo insieme conoscenze diverse e trasversali che arriveremo a valicare quell’orizzonte che non è più solo quello della mera visione architettonica delle nostre città.

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