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Verso la città del futuro possibile.

Quale futuro strategico e improntato allo sviluppo sostenibile hanno le nostre città e i nostri territori?

Potrebbe sembrare una di quelle domande che hanno una risposta scontata e banale, ma se ne scriviamo è evidente che non è così e che si tratta di un argomento complesso.

Le città oggi sono  “impossibili”, si accartocciano su se stesse all’interno della stretta gabbia della cronicizzazione del tessuto urbano, legate alla pianificazione poco strategica degli ultimi 30 anni che è lontana dall’essere vicina alle esigenze contemporanee dell’abitare.

Molteplici e di diversa natura sono i fattori che possono concorrere all’attivazione ed al successo di un progetto di riconversione ecologica di una città o di un territorio.

Partendo da una chiara visione degli obiettivi della leadership politica e tecnica, per arrivare alla necessità di un quadro di strumenti di pianificazione in grado di rendere possibili interventi complessi, non esclusivamente settoriali o puntuali, ma che coinvolgano intere parti del territorio e che vadano oltre il concetto del consumo di suolo a saldo zero.

Queste condizioni sono principalmente legate all’inadeguatezza della legislazione urbanistica e delle norme di governo del territorio, oltre all’assenza di una programmazione pluriennale concreta.

L’attuale pianificazione territoriale ed urbana risponde ancora alle logiche della continua espansione, manifestando l’urgenza di una riforma motivata dalle profonde modifiche intervenute nella geografia territoriale, nell’economia, nella società e dalle esigenze ecologiche rese drammaticamente attuali dal manifestarsi degli effetti dei cambiamenti climatici e dei conseguenti dissesti.

L’obiettivo strategico della città possibile del futuro non deve solo essere la resilienza e la capacità di adattarsi al cambiamento ma deve essere generatrice di uno sviluppo sostenibile che inverta i processi e chiuda i cicli ecologici della qualità dell’abitare, della salvaguardia, della qualificazione del paesaggio e della inclusione sociale.

Negli ultimi venti anni ci sono stati molti provvedimenti a scala statale, regionale e comunale che hanno promosso interventi infrastrutturali ed edilizi finalizzati al recupero ed alla riqualificazione energetica, ambientale e sociale del patrimonio pubblico e privato e delle periferie, al potenziamento del trasporto pubblico, alla creazione di nuove reti telematiche ed informatiche, ma quasi sempre si è trattato di interventi completamente scollegati, non inquadrati in un disegno organico di transizione ecologica delle aree agricole, delle città e dei territori.

Provvedimenti che non sono stati capaci di garantire la continuità nel tempo di finanziamenti, non hanno saputo innescare processi virtuosi di ridefinizione dei processi di pianificazione alle diverse scale, del modo di progettare, costruire e gestire le città ed il territorio.

C’è quindi la necessità di mettere in campo, specialmente da parte di noi Architetti, attraverso la qualità dell’Architettura, tutte le nostre capacità di essere promotori culturali verso la società civile e le pubbliche amministrazioni di un piano d’azione per le città sostenibili, capace di chiedere un  programma pluriennale di finanziamento per la progettazione ed attuazione di interventi che, in forma coerente ed integrata, siano finalizzati ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente ed il paesaggio, a favorire la coesione sociale e a migliorare la qualità abitativa.

Un programma che anziché disperdere le risorse e preludere all’incompiutezza tenda a concentrare in progetti urbani integrati, esemplari in termini di eccellenza ambientale ed innovazione, riproducibili in diversi contesti e capaci di dare vita alla definizione di città possibile del futuro prossimo.

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